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  Dalla Laviosa dell’Ingegnere
alla Laviosa del Dottore
di Eugenio Scaramuzzi
Cento anni! Sono tanti, almeno 3 generazioni. Siamo per l’ap- punto proprio verso la fine della terza e l’inizio della quarta.
Di questi cent’anni ne ho vissuti appieno quasi un quarto. Sono stati anni di grande trasformazione della società in cui viviamo, e non solo della Laviosa: siamo stati testimoni di una (e forse anche più di una) vera e propria rivoluzione nei costumi, negli strumenti di lavoro, nei valori sociali. La Laviosa dell’Ingegnere l’ho appena sfiorata: poco più di un anno di lavoro insieme alla precedente gestione e poi la svolta con l’ingresso del nuovo socio e la partenza dell’avventura della riorganizzazione radi- cale fatta da un gruppo di quarantenni che hanno gestito la Laviosa del Dottore.
C’era da rimboccarsi le maniche. Siamo stati aiutati, certo. Dall’esterno ci hanno assistito consulenti e consiglieri di am-
ministrazione di livello altissimo, mentre all’interno abbiamo operato nel rispetto e nel sostegno reciproco, adattando di continuo l’organizzazione alle varie esigenze che i tempi im- ponevano.
L’elenco delle cose fatte è lunghissimo, occorrerebbe consul- tare l’archivio per avere una lista esaustiva. Per rendere l’idea di cosa vuol dire cambiamento, ricordo che quando ho co- minciato a lavorare alla Laviosa, in ufficio avevamo macchi- ne da scrivere, che si utilizzavano con carta carbone per fare le copie, telex (per l’Agenzia Marittima) e fax. Non c’erano le e-mail, né le agende elettroniche condivise, né tantomeno gli smartphone o i social network ma sulla scrivania avevamo i cestini della posta in entrata e di quella in uscita. I messaggi venivano scritti e portati a mano sulla scrivania del collega.
   Foto Archivio Laviosa
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